Le classiche ricerche di mercato che ricorrono ad interviste (con approccio tradizionale), questionari o focus group hanno grossi limiti interni/esterni:

  • Gli errori che vengono commessi è che per molti c’è la convinzione che i processi decisionali d’aderenza o d’acquisto siano presenti nelle nostre menti consce e che avvengano in maniera razionale.
  • Chi svolge queste ricerche di mercato dovrebbe avere una preparazione più ampia, perché può indurre risposte a proprio piacimento sia a livello conscio (quindi volontariamente, manipolando i risultati così da consegnare al cliente ciò che desidera) o a livello inconscio (fornendo al cliente risultati probabilmente errati e che il consumatore non pensa realmente*), ottenendo spesso dati incompleti/superficiali o errati, pur rimanendo dati comunque importanti da esaminare e valutare con attenzione.
  • In base al tipo di formulazione delle domande, si possono indurre le risposte al soggetto sottoposto alla ricerca (a proprio piacimento)
    In base all’ordine delle stesse domande, si può attivare un ricordo e di conseguenza un’emozione, che può modificare completamente il contenuto delle risposte successive.
  • L’esposizione a interazioni e informazioni (ad es. visive, verbali e non verbali) precedenti alle interviste/questionari/riunioni aziendali/ focus group, possono indurre facilmente a condizionamenti nelle risposte, dando così luogo ad effetti priming!
  • Nei focus group sono da tenere in considerazione anche le dinamiche di gruppo, i condizionamenti dovuti al dover parlare in presenza di altre persone, il ruolo che spontaneamente assume qualcuno all’interno del gruppo, come ad esempio i “leader” che possono condizionare in maniera conscia e inconscia le opinioni degli altri partecipanti (creando così dei bias). Se prendessimo le stesse persone singolarmente le loro opinioni “superficiali” sarebbero quasi sempre diverse. Dovrebbero essere altresì esplorate le loro motivazioni più profonde e comprendere quali siano realmente i loro processi decisionali che altrimenti con i focus group non riusciremmo a capire.
  • Nei test di assaggio di prodotti di food, se ad esempio il soggetto avesse gli occhi bendati, sarebbe ignaro di tante informazioni riguardanti il brand (meno influenzato) – cosa che potrebbe consentirgli di esprimere un’opinione meno condizionata da fattori collaterali su quel prodotto – così da esprimere un suo parere spesso e volentieri diverso da quello che avrebbe avuto se avesse tenuto gli occhi aperti.

*Sia nelle ricerche di mercato tradizionali sia nel focus group, ci sono condizionamenti di vario tipo negli individui che vorremmo analizzare: il tipo di location scelta, il tipo di empatia (positiva o negativa) che sia crea con l’intervistatore o con le altre persone presenti, il tipo di domande formulate, l’ordine delle domande, etc. (Cfr Zaltman 2003 pp. 12-13)

 

ESEMPIO:
Molti esperti di marketing/ricercatori/esperti di comunicazione, sono convinti:

  1. che i pensieri dei consumatori siano di natura verbale. Molti di loro pensano di comprendere cosa realmente pensi un consumatore (o comunque una persona) attraverso l’analisi e l’interpretazione delle loro parole utilizzate in conversazioni convenzionali o le loro parole scritte in questionari.
    Sicuramente le parole (di ogni persona) sono importanti per esprimere concetti e pensieri, ma non forniscono un quadro completo di quello che realmente pensano o provano a livello conscio o inconscio (sia a livello consapevole che inconsapevole).
    L’essere umano non pensa a livello verbale: molti studi di ricercatori e neuroscienziati, esplorando il cervello e altre funzioni fisiologiche, hanno dimostrato che gli impulsi fra le cellule del cervello (i neuroni) precedono la nostra consapevolezza conscia di un pensiero attraverso l’attività che si crea in quelle aree del cervello che hanno a che fare proprio con il linguaggio verbale. Infatti, queste aree del cervello collegate al linguaggio verbale si attivano solo in un secondo momento, quando una persona inconsciamente sceglie di esplicitare a parole quei pensieri di fronte a se stessa o ad altri. (Cfr Zaltman 2003 pp. 14)
  2. che il cervello delle persone immagazzini i ricordi (come se fosse un archivio “passivo”) sotto forma di immagini (come se fosse una macchina fotografica) e che questi ricordi siano:
    fedeli a quello che viene visto
    costanti nel tempo
    identici: esperienza ed emozioni provate nell’acquisto di un prodotto o nell’adesione ad un servizio

E’ certamente dimostrato che l’essere umano “pensa per immagini”, tuttavia la sua capacità mnemonica avviene in costante modalità creativa (senza che ne sia consapevole). In tal senso i ricordi sono di natura metaforica, come del resto lo sono tutti i nostri pensieri (consci e inconsci) e come tali sono in continua trasformazione!
Il ricordo e l’emozione lavorano sotto la soglia di consapevolezza!
Molti dei nostri ricordi e le emozioni che vengono di conseguenza innescate sono al difuori del nostro controllo! (cfr Zaltman 2003, pag 11)