Armonia e musica - Il TIMEO e l’Armonia del Cosmo (sesta parte) di Nicola Carboni

IL TIMEO E L’ARMONIA DEL COSMO (sesta parte)

Nella musica la natura dell’armonia si esprime nel suo massimo grado attraverso la strutturazione della molteplicità dei suoni (acuti e gravi) secondo specifici rapporti numerici. Secondo la testimonianza di Giamblico di Calcide, filosofo…
 

Il TIMEO e l’Armonia del Cosmo (sesta parte)

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Armonia e musica

L’Armonia, l’accordo fra contrari a cui tende tutto l’essere, secondo Eraclito ha tre precipue esemplificazioni: la pittura, la musica e la grammatica.

Fr. 10 «la pittura infatti nella mistione delle nature dei colori bianchi e neri, gialli e rossi, ritratti ha compiuto in accordo con gli originali; la musica nella miscela di suoni acuti e gravi, lunghi e brevi, in voci differenti ha compiuto un’unica armonia; la grammatica poi, con la mescolanza fatta di vocali e consonanti, ha da esse costituito l’intera arte».

Il tema della grammatica e della musica come esplicitazione della dialettica tra opposti, unità e illimitata molteplicità, che trova una sintesi concordante nell’armonia, è ripresa anche da Platone.

Scrive nel Filebo riguardo alla musica

«Quando tu avrai colto quale è il numero degli intervalli di suono nell’acuto e nel grave, quali essi sono, e quali i limiti degli intervalli, e quante combinazioni risultato – combinazioni che gli antichi [i Pitagorici] hanno rilevato e tramandato a noi posteri con l’indicazione di chiamarle armonie; inoltre, di simili rapporti che si manifestano nei movimenti del corpo, misurati per mezzo di numeri, dicono che bisogna chiamarli metri» [Filebo, 17d1-6].

Nella musica la natura dell’armonia si esprime nel suo massimo grado attraverso la strutturazione della molteplicità dei suoni (acuti e gravi) secondo specifici rapporti numerici.

Secondo la testimonianza di Giamblico di Calcide, filosofo neoplatonico del III – IV secolo d.C, Pitagora aveva definito l’aritmetica, la musica, la geometria e la sferica o astronomia, le quattro vie della sapienza; in particolare la musica e la sferica erano accumunate dall’avere come oggetto il numero in movimento, la prima per mezzo dell’udito, la seconda, per mezzo della vista.

Le quattro vie sono riprese in maniera identica nella Repubblica, nel libro VII, dove Platone elenca le discipline che, svincolando il pensiero dall’oggetto sensibile, in quella connotazione che Kant ha definito “pura”, costringono alla riflessione, al movimento ascensionale rivolto all’Intelligibile. In ottica platonica per raggiungere la sapienza occorre indagare il dato sensibile, generato e diveniente, per far emergere la natura numerica che, da un lato ne rappresenta la condizione necessaria e sufficiente di pensabilità e conoscibilità, dall’altro, è il termine medio attraverso il quale l’Intelletto si manifesta nel corporeo. L’essere si maschera, si nasconde nell’ente manifestando se stesso in maniera velata. «φύσις κρύπτεσθαι φιλεί», [fusis kruptesthai filei], la natura delle cose ama nascondersi Fr. 123 Eraclito. É il senso profondo di αλεθεια [aletheia], la verità intesa come svelamento dell’essere che nelle cose ama nascondersi e che “usa” l’ente come maschera. La verità come evento dell’Essere è diametralmente opposta al concetto di verità come corrispondenza fra  atto linguistico e la cosa, che trae origine nel pensiero aristotelico. Quando asserisco “questo è un libro” e effettivamente la cosa di cui parlo è un libro, allora la proposizione risulta vera.

L’aritmetica è intesa come «scienza che si applica a ogni oggetto … che distingue l’uno, il due e il tre: intendo insomma la scienza dei numeri e del calcolo» [Repubblica, 522c5-7] che costringe a «riflettere sulla natura dei numeri in se stessi, senza mai accettare che si parli di numeri in riferimento a cose visibili e palpabili» [Repubblica, 525d5-8]; allo stesso modo la geometria, slegata a finalità pratiche, ma nella sua dimensione ipotetico-deduttiva come in Euclide e Eudosso di Cnido. L’astronomia, lo studio dei solidi in movimento, che obbliga «l’animo a guardare verso l’alto e la distoglie delle cose di quaggiù» [Repubblica, 529a1-2], si serve «del ricamo celeste come di un modello per apprendere i fenomeni invisibili» [Repubblica, 529d7-8], ricavando dai movimenti planetari, una scansione di rapporti numerici.

La musica, intesa come studio dell’armonia sul piano esclusivamente teorico, a prescindere da concrete applicazioni pratiche, parimenti all’astronomia, studia l’aspetto dinamico del numero per mezzo di differenti canali sensoriali «come gli occhi sono destinati all’astronomia, così le orecchie sono destinate al moto armonico, e l’astronomia e la musica sono sorelle, come dicono i Pitagorici, con i quali anche noi, Glaucone, siamo d’accordo». [Repubblica, 530d6-10]. Così come la vista ha lo scopo, mediante l’osservazione dei moti celesti, di indurre al ragionamento così l’udito, mediante l’ascolto dei suoni, ha lo scopo di cogliere l’armonia e il ritmo «L’armonia poi avendo movimenti affini ai cicli dell’anima che sono in noi, a chi si giovi con intelligenza delle Muse non sembrerà data per un piacere irrazionale, come ora si crede che sia la sua utilità, ma risulterà data come alleata, per ridurre all’ordine e all’accordo con se stesso il ciclo dell’anima che in noi si fosse fatto discordante» [Timeo, 47d1-7]. Moto degli astri e gli accordi musicali sono pertanto epifanie dell’Intelligibile nel sensibile.

Per Platone, come scrive nel Fedone, ΦιλοσοΦίας μέν οὔσης μεγίστης μουσικής [Fedone, 61a3-4] la filosofia è la musica più grande perché attraverso “certi incantamenti”, i discorsi, può “curare” l’anima, ponendo ordine nel disordine «L’anima va curata con certi incantamenti: questi incantamenti sono i bei discorsi» [Carmide, 157a3-4].

Un bel discorso è tale perché rispecchia un ordine tale che «abbia le parti di mezzo e quelle estreme scritte in maniera conveniente l’una rispetto all’altra e rispetto al tutto» [Fedro, 264c2-4] ovvero abbia le caratteristiche della proporzione geometrica.

Aritmetica, geometria, astronomia e musica, poiché preparano il pensiero ad esercitarsi distaccandosi dal sensibile, sono propedeutiche alla filosofia al suo massimo grado euristico ed epistemologico, la dialettica.

Fondamentale è per Platone l’educazione musicale infatti  ne la Repubblica, ragionando intorno allo stato ideale e alla figura e al ruolo dei Guardiani, scrive

«l’educazione decisiva, Glaucone, è quella musicale, perché il ritmo e l’armonia penetrano fino in fondo all’animo, e lo toccano nel modo più vigoroso infondendogli eleganza, e rendono bello chi abbia ricevuto una educazione corretta … chi possiede una sufficiente educazione musicale può accorgersi con grande acutezza di ciò che è brutto o imperfetto nelle opere d’arte e in natura, mentre sa approvare e accogliere con gioia nel suo animo ciò che è bello, e nutrirsene e diventare un uomo onesto» [Repubblica, 401d5-402a3].

Il parallelismo fra musica e arte di fare discorsi, era già presente in uno dei primi dialoghi, definiti socratici, il Lachete

«Ogni qualvolta sento qualcuno parlare della virtù o di qualche conoscenza, intendo un uomo che sia veramente degno dei discorsi che fa, sono contento, contemplando insieme colui che parla e le cose che dice, per il fatto che sono in armonia l’uno con le altre. E un uomo del genere mi pare proprio un musico, il quale accorda, secondo un’armonia bellissima, non la lira o uno strumento da gioco, ma la sua vita, in armonia fra parole e azioni, nel modo dorico, non ionico, né, credo frigio o lidio, secondo l’armonia che è solo greca» [Lachete, 188c8-188d8].

Nicola Carboni

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