capire cosa ci succede quando siamo su Twitter

Cosa ci succede quando siamo su Twitter

Leggere la timeline di Twitter genera il 64% in più di attività nelle parti del cervello più legate alle emozioni…
 

Il senior director per le indagini di mercato di Twitter, Jeffrey Graham, ha cercato di capire cosa ci succede quando siamo su Twitter e come interagiamo con la timeline. Per dimostrare l’efficacia delle campagne pubblicitarie su Twitter ha realizzato uno studio coinvolgendo due gruppi di persone che hanno seguito il torneo di basket NCAA in televisione.

Ad un gruppo è stato concesso di tenere il cellulare e twittare tutto quello che volevano. I membri dell’altro hanno invece dovuto lasciar fuori i loro telefoni e rassegnarsi all’idea di fare a meno di un secondo schermo. Entrambi i gruppi avevano dei sensori per il sudore sui polsi e sulla fronte, un rilevatore della frequenza cardiaca e un visore con tecnologia di tracciamento oculare per tenere sotto controllo le reazioni agli stimoli visivi. Per farlo non è stata utilizzata l’ fMRI (risonanza magnetica funzionale), ritenuta scomoda per questo esperimento ma una tecnologia denominata Steady-State Topography (SST) ritenuta molto più gestibile e non invasiva.

Lo studio

Il team di Graham ha quindi allestito uno studio presso il quartier generale di Twitter nel Regno Unito. Ben centoquattordici persone hanno partecipato alla ricerca, divise in gruppi di circa venti persone ciascuno. I video delle sessioni mostrano gente che indossa strani copricapi che sembrano un incrocio tra l’elmetto in stile Barone Rosso di Snoopy e una cuffia per la doccia a pois presa da un video musicale di Katy Perry.

Quindi, durante le sessioni di 45 minuti, i partecipanti hanno alternato la normale navigazione in rete con l’utilizzo di Twitter – leggendo le loro timeline, twittando, e così via.

Quando vado su Twitter spesso finisco per venirci quasi risucchiato dentro

I Risultati

I risultati sono stati migliori di quello che il team si aspettava. Lo studio, come primo obiettivo, ha cercato di misurare una firma neurale spesso correlata alle informazioni sul , una specie di senso di rilevanza personale, confrontando i diversi modi in cui si attivava il cervello dei partecipanti nelle diverse tipologie di interazione con la piattaforma

  • La navigazione e lo scrolling di tipo passivo su Twitter
  • L’utilizzo attivo con tweet e retweet
  • Nel corso delle normali attività online

I dati cerebrali hanno suggerito che l’uso passivo di Twitter aumenta il senso di rilevanza personale del 27 per cento, mentre l’uso attivo lo fa aumentare del 51 per cento.

Graham sapeva che i profili cerebrali dei soggetti avrebbero mostrato la differenza tra l’uso di Twitter e un utilizzo più statico del web. “Quando vado su Twitter, spesso finisco per venirci quasi risucchiato dentro”, dice.

I risultati più importanti sono stati quelli collegati all’intensità emotiva. Rispetto al normale uso del web, leggere la timeline di Twitter genera il 64 per cento in più di attività nelle parti del cervello più legate alle emozioni. Tweet e retweet aumentano questi dati del 75 per cento in più rispetto alla navigazione su un sito ordinario.

Le valutazioni finali hanno riguardato la memoria. L’uso passivo di Twitter indica un 34 per cento in più di attività nelle aree legate alla formazione della memoria rispetto al normale uso del web. Con l’utilizzo attivo di Twitter, tale valore è salito fino al 56 per cento.

Restano forti dubbi su quali conclusioni si possano trarre dal neuromarketing in generale e dalla tecnologia SST in particolare. C’è differenza tra la misurazione dell’attività elettrica in una determinata parte del cervello, e la certezza che un tweet su un prodotto possa indurre al suo acquisto. Tuttavia i social network e, in questo caso la piattaforma Twitter, sembrano confermarsi ancora una volta come veicolo privilegiato per l’advertising online.

Andrea Paci

Fonte Medium

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