Non è forse la felicità, qualunque sia la definizione e la concezione che abbiamo di lei, uno degli elementi di lunga vita?!

La felicità dopo i 50 – L’ansioso paradosso del sentirsi felici e la differente felicità tra uomini e donne

Mettersi a parlare di felicità è un po’ come disquisire sul sesso degli angeli.
La felicità c’è quando c’è, ovvero ci si sente felici perché lo si è…
 

La felicità dopo i 50. L’ansioso paradosso del sentirsi felici e la differente felicità tra uomini e donne

La felicità

Mettersi a parlare di felicità è un po’ come disquisire sul sesso degli angeli. La felicità c’è quando c’è, ovvero ci si sente felici perché lo si è ma anche perché travolti dalla felicità di chi ci sta attorno. Fare della felicità una categoria filosofica (qualcuno ci ha provato) o psicologica (in questo caso si evita il termine e si preferisce parlare di gioia) non porta da nessuna parte, ad esclusione dell’assoluto piacere per le piccole cose, per ciò che dà benessere interiore. Insomma la felicità dipende da condizioni percepite come positive. A un certo punto della propria vita, quando le condizioni socio-economiche lo consentono, se si vive in un sano e appagante contesto familiare e relazionale o si fa della solitudine un punto di forza, la felicità è fare ciò che si deve, accettando contemporaneamente le cose così come sono.

Chiedimi se sono felice

La grossa fregatura che la felicità porta con sé sta tutta nella sua breve durata, nel suo essere una sensazione inconsapevole, perché, nel momento stesso in cui ci si domanda “ma io sono davvero felice?”, la felicità ci volta le spalle e svanisce. Di questa condizione paradossale della felicità Aldo, Giovanni e Giacomo ne fecero addirittura il titolo e il filo conduttore di un loro film di successo: – Chiedimi se sono felice. È un controsenso, tutto umoristico o tragicomico. Se ci si sente felici perché domandare agli altri dell’intima verità di questo stato? Tante le risposte. Perché si teme di non essere (mai) felici, perché si è convinti che la felicità ci sfiori soltanto e sia di casa solo negli altri, perché non sappiamo esattamente cosa sia la felicità che ci pervade sensi e mente. Così come per l’arte che si trova e non si cerca, anche la felicità o meglio senso e significato della felicità non vanno cercati attraverso inutili domande. Se ci chiediamo che cos’è la felicità o se domandiamo ad amici, amanti, conoscenti se ci vedono felici, significa che vogliamo ascoltare e sentirci dire solo una risposta, sì o no, e non siamo minimamente interessati al problema e al contenuto della risposta: adesso e qui sono felice, oppure non sono felice. E fra un minuto, fra un’ora, domani sarà tutta un’altra cosa ancora.

La felicità dopo i 50.

L’essere umano avverte la vita come un insieme di cicli di successo in cui le cose arrivano e prosperano e di cicli di fallimento in cui tutto pare avvizzire e disintegrarsi. A una certa età, dopo i cinquant’anni forse anche un po’ più in là nel tempo, si è capaci di lasciare andare le cose per far spazio alla nascita di nuove cose o alla loro trasformazione. In questo le donne son di certo più brave: sanno perdonare e provano ad abbandonare il rimuginare (rimpianti e rancori). Probabilmente anche gli uomini oggi, ma non vi può essere certezza scientifica in questo, sono maggiormente attrezzati nell’opporre resistenza alla vita. In questo modo, sia per gli uomini che per le donne, si può parlare di felicità come stato di grazia, serenità, leggerezza. In altre parole, la felicità di una e di un cinquantenne non dipende più dal fatto che cose, persone e condizioni di vita debbano essere in un certo modo e positive. Cose, persone e condizioni che si ritengono necessarie per la propria felicità fluiscono e scorrono dentro e fuori di noi senza sforzo alcuno da parte nostra, e ci si sente liberi di goderle e apprezzarle finché durano. Dopo i 50 ci si concede la serenità del tutto nuova di accettare le cose, si va a pescar fuori il coraggio di cambiarle e ci si trova più saggi e aperti nell’affrontare le differenze. Per far ciò servono qualità mentali congenite al sesso femminile. Qualità come l’integrità morale, la gentilezza, la pazienza e una certa dose di umiltà. La controparte maschile giunge invece alla stessa meta attraverso la pace interiore. Una continua e corretta meditazione, ad esempio, ha evidenziato in alcuni studi longitudinali l’aumento dell’attività della telomerasi nelle cellule immunitarie. Siccome l’enzima prodotto preserva la lunghezza del telomero, la regione terminale dei filamenti del DNA, è possibile dedurne una maggiore durata delle cellule coinvolte, ovvero una maggiore lunghezza della vita. Non è forse la felicità, qualunque sia la definizione e la concezione che abbiamo di lei, uno degli elementi di lunga vita?!

Nessuno ha la ricetta giusta per la felicità

Dunque nessuno ha la ricetta giusta per la felicità che non ha genere né numero: la felicità è una e tante cose, è femminile e maschile. Ognuno deve affrontare il proprio pellegrinaggio interiore-esteriore per giungere ad essa, ma giungere a cosa? La felicità si conquista? Se è così, allora abbiamo a che fare con un processo e un meccanismo socio-esistenziale. O piuttosto, invece, la felicità è da pensarsi come uno stato e una condizione che in quanto tali sono destinati a svanire quando meno ce lo si aspetta? In fondo, l’unico ostacolo alla felicità è la paura della morte, è la paura della sofferenza per sé e per coloro che amiamo, temi che emergono con rabbia e vigore in età avanzata o matura che dir si voglia. Felicità e amore, altro binomio che troppo spesso prende direzioni diverse. Ma l’amore c’entra sempre, infatti, dopo i 50 anni di età, l’essere umano avverte come l’amore assoluto si esplichi solamente nella quiete e nella pace della mente: siamo nati per socializzare e per vivere felicemente assieme. Niente di nuovo sotto il sole. Le pratiche di qualsiasi teosofia orientale e i giovani figli dei fiori di sessantottina memoria hanno praticato e predicavano già la compassione, la gentilezza amorevole e l’amore universale.

siamo nati per socializzare e per vivere felicemente assieme
nessuno ha la ricetta giusta per la felicità che non ha genere né numero

Un modello di benessere

Tutto molto bello. Tutto molto suggestivo. Ma per una donna e un uomo che hanno superato agevolmente la cinquantina, la felicità, alla fin fine, non è altro che un modello di benessere, riassumibile in alcuni tratti, che non conoscono differenza di genere.

  1. accettarsi mantenendo un atteggiamento positivo verso la vita;
  2. desiderio di crescita personale e percezione della possibilità di poter cambiare sempre e ancora;
  3. sentimento di autonomia e indipendenza nel pensiero, nelle azioni e dalle pressioni sociali;
  4. riconoscimento e padronanza delle risorse interiori e di come saperle gestire con competenza;
  5. mantenere o avviare relazioni soddisfacenti;
  6. avere uno o più scopi di vita dandosi degli obiettivi supportati da convinzioni così da poter imprimere un significato e una direzione alla propria esistenza.

Che si abbia la maturità dei cinquantenni o si abbia la vergine ingenuità di una Giulietta quattordicenne, la felicità ci viene incontro nel sorriso e negli occhi luminosi di chi amiamo, e noi risplendiamo di conseguenza con la nostra luce interiore.  

Blibliografia

Goleman, D., Davidson, R.J. (2017). La meditazione come cura. Milano:Rizzoli. Krishnamurti J. (2007/2008). Come siamo. Roma: Ubaldini Editore. Tolle E. (2013). Il potere di adesso. Rimini: MyLife; (2018). Un nuovo mondo. Milano: Oscar Mondadori. Alessandro Bigarelli

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