Homo homini lupus - La notte del giudizio

HOMO HOMINI LUPUS – La notte del giudizio

Immaginate che per una notte si possa commettere qualsiasi delitto con la certezza dell’impunità. Siamo nell’America del 2022, in un futuro distopico, i Nuovi Padri Fondatori, per contenere i tassi di criminalità e disoccupazione, hanno istituito…
 

HOMO HOMINI LUPUS – La notte del giudizio

Quando gli fu domandato che cosa abbiano in più i filosofi, rispose: Qualora tutte le leggi siano eliminate, noi continueremmo a vivere nello stesso modo
Diogene Laerzio – Vita e dottrine dei più celebri filosofi – Libro II – Aristippo.

Immaginate che per una notte si possa commettere qualsiasi delitto con la certezza dell’impunità.  Siamo nell’America del 2022, in un futuro distopico, i Nuovi Padri Fondatori, per contenere i tassi di criminalità e disoccupazione, hanno istituito “Lo sfogo” una catarsi collettiva per “purificarsi” dalle frustrazioni e dalle emozioni negative.

Diretta da James De Monaco, La notte del giudizio, è una serie cinematografica che conta 5 episodi: La notte del giudizio del 2013, Anarchia del 2014, Election Year del 2016, La prima notte del giudizio del 2018 e La notte del giudizio per sempre del 2021.

Nel saggio del 1930 Das Unbehagen in der Kultur (Il Disagio della Civiltà), Freud mette in luce una tensione fondamentale e ineliminabile tra l’uomo e la società. La società si erge come un limite verso la libertà istintuale degli individui, una accettazione extra psichica del principio di realtà a scapito del principio del piacere. La nascita della società comporta per Freud l’insoddisfazione e l’infelicità individuale. A questo pensiero freudiano fa eco l’istinto del gregge di Nietzsche che si esplica nell’accettazione della morale, l’addomesticamento della “bestia umana” che ha come ultima manifestazione la coscienza infelice.

Diametralmente opposta è la teoria aristotelica espressa ne la Politica dell’uomo come zoon politikon, animale sociale, che è portato naturalmente ad associarsi in comunità. Per un uomo greco, quale era Aristotele, solo nella società, in maniera particolare nella polis, la città, l’uomo può esprimere la sua natura attraverso l’espressione del logos, la parola che è espressione di una ragione più grande, un Kosmos del quale l’essere umano è, come qualsiasi ente, parte integrante.

Una via di mezzo tra queste posizioni è l’insocievole socievolezza di Immanuel Kant. L’uomo ha una innata inclinazione ad associarsi poiché “sente” che in tale condizione può sviluppare maggiormente le sue potenzialità. Ha tuttavia una parallela tendenza ad isolarsi per ricondurre tutto al proprio interesse. Tale tendenza è alimentata dall’egoismo che nella sua ultima opera morale, La religione entro i limiti della ragione del 1792, assume una connotazione tragica, diventando il male radicale della natura umana.

Un punto di vista alternativo è l’utilitarismo inglese del XVIII e del XIX secolo. Secondo autori come Adam Ferguson per l’individuo è più utile unirsi in società per meglio perseguire gli interessi privati. Secondo Adam Smith questo rappresenta una eterogenesi dei fini: la celeberrima teoria della mano invisibile afferma che gli individui generano ordine sociale e sviluppo economico benché non agiscano con l’intenzione di generarlo, ma di perseguire l’interesse privato.

La Notte del giudizio pone un quesito molto importante a livello antropologico: come si comporterebbe l’essere umano con la consapevolezza dell’impunità delle sue azioni?

Già Platone nel II libro della Repubblica pone un interrogativo simile attraverso l’anello di Gige, un anello che donava il potere dell’invisibilità per colui che lo indossava. (Due millenni prima del Signore degli anelli di Tolkien). Partendo da questo, Glaucone, uno dei protagonisti del dialogo, avanza la tesi che l’uomo rispetta la giustizia solo per la paura delle conseguenze, ma, se gli venisse concessa la possibilità di non essere sanzionato, si mostrerebbe per quello che realmente è nella sua natura ferina, l’ homo homini lupus (l’uomo è lupo per gli uomini) la cui origine risale al commediografo Plauto, ma resa celebre dal pensiero di Thomas Hobbes.

Il filosofo inglese nel De cive descrive lo stato di natura come uno stato di guerra di tutti contro tutti animata da tre principi: l’assoluta uguaglianza di ogni essere umano di poter uccidere un suo simile, la tendenza di ognuno ad acquisire per sé tutto ciò che è possibile e la ricerca dell’autoconservazione. Risulta evidente come i primi due principi mal si sposino con il terzo. Proprio per salvaguardare se stessi, gli individui scelgono, attraverso il pactum subiectionis, di cedere all’organizzazione statale, parte della libertà personale. La paura della morte, secondo Hobbes, genera la società.

Il pensiero hobbesiano viene ripreso da Nieztsche in Verità e menzogna in senso extramorale. « In quanto l’individuo vuole conservare se stesso di fronte agli altri individui…ma poichè vuole anche esistere, sia per bisogno, sia per noia, socialmente e come in un gregge, stipula un patto di pace  e si adopera per cancellare dal suo mondo almeno il più brutale bellum omnia contra omnes. »

Cosa è l’uomo? L’animale sociale pensato da Aristotele oppure una bestia che si è addomesticata e che ha creato la società per sopravvivenza?

Nicola Carboni

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