IL TIMEO E L'ARMONIA DEL COSMO (quinta parte) - Armonia come conciliazione degli opposti

Il Timeo e l’armonia del cosmo (quinta parte)

La conciliazione degli opposti secondo la legge del numero, è chiamata “Armonia”. Già il pensiero mitico ne sottolineava tale natura descrivendola come figlia di Ares, il dio della guerra, e di Afrodite, la dea dell’amore, come conciliazione…
 

Il TIMEO e l’Armonia del Cosmo (quinta parte)

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Armonia come conciliazione degli opposti

 

La conciliazione degli opposti secondo la legge del numero, è chiamata “Armonia”. Già il pensiero mitico ne sottolineava tale natura descrivendola come figlia di Ares, il dio della guerra, e di Afrodite, la dea dell’amore, come conciliazione del principio disgregante e del principio unificante. Abbiamo già visto nel frammento 1 di Filolao come da essa, intesa come mediazione fra πέρας e α-πειρον, scaturisca l’ordine del cosmo, un pensiero questo che è possibile trovare anche in Eraclito.

Nel Fr.8 viene esplicitato il concetto secondo il quale, dalla contesa di forze opposte scaturisca la connessione che “armonia” è stata definita. «Ciò che si contrappone facendo convergere e dai fattori discordi nasce καλλίστην αρμονίαν [kalliston armonian], la più bella armonia, e avvenir tutte le cose secondo ἒριν [erin], contesa». Secondo Eraclito il cosmo e tutto ciò in esso vi è contenuto, è formato da coppie opposte che generano movimento e tensione. La realtà esiste in virtù di tale movimento inteso come immanente mescolanza degli opposti. Anche Empedocle, attraverso i principi di Φιλόητης [Philotes] (Amore) e Νείκος [Neikos] (Odio o Contesa), descrive il carattere bipolare della realtà come mescolanza. Affinché qualcosa possa esistere, i due principi, di unificazione e disgregazione, devono interagire tra loro; nei due estremi di completezza non esiste la vita. Lo stato completo di Φιλόητης,  Σφαιρος [Ephairos], lo Sfero è definito come “immobile”, “uguale a se stesso”, e  α-πειρον, infinito. Lo Sfero, nella condizione di assenza di Νείκος, è Unità chiusa in se stessa che non permette l’esistenza di altro da sè che ha bisogno, per poter essere, del principio di differenziazione, di rottura dell’Uno.

Nel Parmenide, nella sezione che viene definita la gymnasia, un allenamento per il pensiero, Platone si propone di esaminare le conseguenze per l’Uno (considerato in se stesso), una volta che si sia ipotizzato che “l’uno è uno”. Se fosse vera tale ipotesi, l’Uno «Οΰτε αρα μέρος αύτον οΰτε ὃλον αύτο δεί είναι» [Parmenide, 137c5-6], non avrebbe parti né sarebbe un intero, non avrebbe principio né fine quindi sarebbe α-πειρον [Parmenide, 137d8], Illimitato, privo di figura né rettilinea nè circolare; non si troverebbe in alcun luogo né in se stesso, né in movimento né in quiete. Non sarebbe identico o diverso, simile o dissimile né rispetto a qualcosa, né rispetto a se stesso. Non potrebbe essere nominato, definito, opinato o conosciuto in una condizione trans-ontologica, che trascende l’essere stesso.

In tale prospettiva, il principio e la fine, il Tutto nella condizione di unità o disgregazione, arrivano a coincidere, entrambi illimitati, a-morfi pertanto inconoscibili. L’esistenza, per essere tale, necessariamente deve contenere in sé la scissione dell’unità che ne comporta la natura bipolare ma che rappresenta le condizioni di possibilità affinché qualcosa possa essere non però come cieca casualità ma come mescolanza ordinata di opposti in termini ontologici (essere/divenire), epistemologici (verità/opinione), gnoseologici (ragione/sensibilità), etici (bene/male).La mescolanza, nata dalla conciliazione fra limite e illimitato, per essere ordinata, deve contenere la misura e la proporzione, rispecchiando nella sua struttura, un Λολος, una ragione immanente che si manifesta attraverso  una trama di rapporti esprimibili numericamente.

Scrive infatti Eraclito nel Fr.30

«κόσμου τόνδε, questo ordinamento del mondo, lo stesso per tutti quanti …fuoco semprevivo, che μέτρα, secondo misura si accende e si spegne»

dove per fuoco bisogna intendere il Λολος. La metafora dell’alternanza dell’accendersi e dello spegnersi secondo misura implica la dinamicità dell’ordine della conciliazione dei contrari, la quale dinamicità è la chiave di lettura dell’Armonia.

Nicola Carboni  

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