LA RICERCA QUALITATIVA: opportunità e limiti di un metodo - di Carmen Cini

LA RICERCA QUALITATIVA: opportunità e limiti di un metodo

La ricerca qualitativa contempla una serie di metodi scientifici che indagano una realtà dal punto di vista semantico proprio allo scopo di raccogliere dati non numerici. Implica una descrizione di cose…
 

La ricerca qualitativa: opportunità e limiti di un metodo

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Nella mia esperienza, oramai più che decennale, come consulente e anche come coordinatore di progetti di ricerca qualitativa (nel mio caso, di tipo emozionale con approcci “neuro”) ho avuto la possibilità di confrontarmi direttamente con una serie di pratiche esplorative sorprendenti nella loro estrema complessità in termini di gestione e di risultati.

La ricerca qualitativa contempla una serie di metodi scientifici che indagano una realtà dal punto di vista semantico proprio allo scopo di raccogliere dati non numerici. Piuttosto che determinare “conteggi o misure”, come avviene nella ricerca quantitativa, la ricerca qualitativa implica una descrizione di cose, caratteristiche e significati correlati e osservazioni e interpretazioni di base. Alcuni degli approcci comuni per condurre ricerche qualitative includono colloqui, interviste semi-strutturate o strutturate, l’osservazione dei partecipanti, discussioni di focus group, etc. Spesso, questi approcci sono ampiamente utilizzati nei campi sanitari, delle scienze politiche, dell’istruzione e del lavoro sociale e può essere applicato anche alle ricerche di mercato, agli affari e al giornalismo.

Sebbene la ricerca scientifica o accademica auspichi ad una gestione oggettiva dei dati, la natura soggettiva della ricerca qualitativa può rendere difficile per il ricercatore essere completamente distaccato dai dati, il che, in altre parole, può implicare la difficoltà a mantenere l’obiettività ed evitare pregiudizi. Il pregiudizio, definito come “l’inclinazione o il pregiudizio a favore o contro una persona o un gruppo, soprattutto in un modo considerato ingiusto”, può essere estremamente dannoso per la comprensione di una realtà in quanto può portare alla sua distorsione e, quindi, pregiudicare la validità e l’affidabilità dei risultati della ricerca.

Pertanto, riconoscere e comprendere i pregiudizi della ricerca è fondamentale per determinare l’utilità dei risultati dello studio e insieme rappresenta un aspetto essenziale del processo decisionale basato sull’evidenza. Proposte di ricerca e manoscritti, che non forniscono dettagli soddisfacenti sui meccanismi impiegati per ridurre al minimo i pregiudizi, è improbabile che vengano visti favorevolmente. Di conseguenza, la ricerca qualitativa è spesso criticata per la mancanza di trasparenza e di rigore scientifico. È spesso bandita perché considerata solo una raccolta di impressioni soggette ai pregiudizi dei ricercatori e che renderebbe così il processo non necessariamente riproducibile. Tuttavia, la ricerca qualitativa ha il vantaggio di essere flessibile e di consentire la creatività dando la possibilità di fornire ulteriori approfondimenti che non potrebbero essere raccolti attraverso la ricerca quantitativa. È anche vero che i ricercatori esperti sanno come i pregiudizi possano trovare la loro strada in qualsiasi programma di ricerca: è ingenuo pensare che qualsiasi ricerca possa esserne libera al 100%.

Una delle domande più frequenti che gli studenti universitari mi pongono, quando parlo dell’approccio più adeguato da utilizzare nella gestione di una ricerca, è se, durante il colloquio, porre domande dirette o sondanti possa costituire prova di parzialità, cioè se stiano estraendo dei dati che potrebbero far emergere i propri preconcetti. Va sempre ricordato che coloro che effettuano la ricerca qualitativa sono parte integrante del processo e del prodotto finale dal quale non possono essere separati. Cosa che non è né possibile né tantomeno desiderabile. Si tratta di una ricerca fra soggetti e non fra un soggetto (ricercatore) e un oggetto (chi viene sottoposto al test). La preoccupazione, invece, dovrebbe essere se il ricercatore sia stato consapevole e riflessivo (cioè, criticamente autoriflessivo sui propri preconcetti, dinamiche relazionali e focus analitico) sui processi in cui anch’esso è stato ed è parte e attraverso i quali i dati sono stati raccolti, analizzati e presentati.

Carmen Cini

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