Critiche all’EFFETTO HAWTHORNE

L’EFFETTO HAWTHORNE (quinta parte) – Critiche all’EFFETTO HAWTHORNE

Le recenti revisioni degli studi iniziali su l’EFFETTO HAWTHORNE sembrano oramai aver messo in discussione le conclusioni originali. Nel 2009, i ricercatori dell’Università di Chicago avevano rianalizzato i dati originali…
 

Critiche all’EFFETTO HAWTHORNE
(quinta parte)

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Come abbiamo detto nei precedenti articoli, l’effetto Hawthorne prende il nome da uno dei più famosi esperimenti di storia industriale che ebbe luogo nella fabbrica della Western Electric nel sobborgo di Hawthorne a Chicago tra la fine degli anni ’20 e l’inizio degli anni ’30. Tuttavia, ricerche successive su questo “effetto” hanno suggerito quanto i risultati originali potrebbero essere stati sopravvalutati insieme all’evidenza di diversi difetti nella progettazione e nell’esecuzione dello studio. Pertanto, nonostante le apparenti implicazioni dell’”effetto Hawthorne” in una varietà di contesti, le recenti revisioni degli studi iniziali sembrano oramai aver messo in discussione le conclusioni originali.

Nel 2009, i ricercatori dell’Università di Chicago avevano rianalizzato i dati originali e si erano accorti che anche altri fattori potevano aver svolto un ruolo nella produttività e che l’effetto, originariamente descritto, poteva essere stato, nel migliore dei casi, debole. I ricercatori avevano anche scoperto sia i dati originali degli studi Hawthorne sia come molte delle affermazioni, riportate in seguito sui risultati, semplicemente non fossero supportate dai dati. Avevano, comunque, trovato, manifestazioni più sottili di un possibile “effetto Hawthorne”.

Mentre l’”effetto Hawthorne” continua ad essere insegnato nelle business school e nei corsi di sociologia di tutto il mondo, gli studi recenti così hanno iniziato a metterne in dubbio la validità. Secondo “Scientific American”, nota rivista di divulgazione scientifica, dei primi tre esperimenti originali, solo il primo aveva mostrato un miglioramento della produttività, il secondo non aveva riscontrato alcun miglioramento della produttività e, infine, nel terzo la produttività era, effettivamente, peggiorata. Ciò che rimane sospetto è il fatto che gli sponsor dello studio avevano ordinato la distruzione di tutti i dati, compreso tutto ciò che era stato inviato al MIT, e che non era stato redatto alcun rapporto. Una volta che i dati originali erano finalmente riaffiorati, diversi studiosi arrivarono a sfatare i risultati iniziali.  Inoltre, i tentativi moderni di replicare l’”effetto Hawthorne” si rivelarono inconcludenti. Solo in 7 su 40 di questi studi furono trovate prove dell’effetto.

Gli studiosi avevano, quindi, identificato diversi difetti negli studi che avevano, a suo tempo, rivelato la presenza dell’”effetto Hawthorne”. Per uno, la dimensione del campione era molto piccola: solo cinque singoli lavoratori. Inoltre, i membri del campione erano cambiati nel tempo. I ricercatori che avevano condotto lo studio non erano in “cieco” (si presume in simple blind) e, quindi, avrebbero potuto essere di parte. I dati raccolti, anche se validi, furono ulteriormente criticati in quanto interpretati erroneamente.

Ad esempio, si pensò per molto tempo che i dati del primo esperimento fossero stati distrutti. Rice (1982) osservò che “i dati di ricerca [illuminazione] originali in qualche modo sono scomparsi”. Mentre Gale (2004) affermò: “questi particolari esperimenti non sono mai stati scritti, i rapporti di studio originali sono andati perduti e l’unico resoconto contemporaneo di essi deriva da alcuni paragrafi in un giornale di settore”.

Tuttavia, Steven Levitt e John List dell’Università di Chicago furono in grado di recuperare e valutare questi dati (Levitt & List, 2011). E così scoprirono che i modelli, presumibilmente notevoli, erano del tutto fittizi nonostante le possibili manifestazioni dell’”effetto Hawthorne”.

Un altro studio cercò di determinare se l’”effetto Hawthorne” esistesse effettivamente e, in caso affermativo, in quali condizioni potesse emergere e quanto avrebbe potuto essere ampio (McCambridge, Witton & Elbourne, 2014).

A seguito della revisione sistematica delle prove disponibili sull’”effetto Hawthorne”, i ricercatori conclusero che, mentre la partecipazione alla ricerca può effettivamente avere un impatto sui comportamenti oggetto di indagine, scoprire di più sul suo funzionamento, la sua portata e i suoi meccanismi richiederebbe ulteriori indagini.

Sebbene le possibili implicazioni dell’”effetto Hawthorne” rimangano rilevanti in molti contesti, i recenti risultati della ricerca mettono, dunque, in discussione molte delle conclusioni originali riguardanti il ​​fenomeno. Resta, comunque, in discussione se l’”effetto Hawthorne” sia reale o meno.

Stefano Migliorati

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