L’EFFETTO HAWTHORNE tra esperimenti e risultati (terza parte)

L’EFFETTO HAWTHORNE tra esperimenti e risultati (terza parte)

L’analisi dei risultati di alcune ricerche, svolte ad Hawthorne nei decenni precedenti, portò Landsberger (1958) a coniare il termine “effetto Hawthorne”, fenomeno che descrive l’aumento delle prestazioni di…
 

L’EFFETTO HAWTHORNE tra esperimenti e risultati
(terza parte)

Vedi gli altri articoli sull’argomento scritti da Stefano Migliorati

L’analisi dei risultati di alcune ricerche, svolte ad Hawthorne nei decenni precedenti, portò Landsberger (1958) a coniare il termine “effetto Hawthorne”, fenomeno che descrive l’aumento delle prestazioni di individui che vengono notati, osservati e oggetto di attenzione da ricercatori o supervisori.

Abbiamo già visto come tali esperimenti siano stati originariamente progettati dal Consiglio Nazionale delle Ricerche per studiare l’effetto dell’illuminazione in officina sulla produttività dei lavoratori in una fabbrica di componenti telefonici a Hawthorne. Spinti dai risultati iniziali, di cui abbiamo parlato la volta scorsa, negli otto anni successivi furono condotti una serie di esperimenti nello stesso stabilimento. Tra il 1927 e il 1932 Elton Mayo (1880–1949) e i suoi colleghi iniziarono una serie di studi esaminando i cambiamenti nella struttura del lavoro (p. es., cambiamenti nei periodi di riposo, durata della giornata lavorativa e altre condizioni fisiche) di sei donne. In questo studio separato venne osservate questo gruppo di sei donne che lavoravano insieme per assemblare i relè telefonici (Harvard Business School, Historical Collections).

Dopo la misurazione segreta della loro produzione per due settimane, le donne vennero trasferite in una speciale stanza degli esperimenti. La stanza degli esperimenti, che avrebbero occupato per il resto dello studio, prevedeva la presenza di un supervisore allo scopo di discutere vari cambiamenti al loro lavoro. Le conseguenti alterazioni subite dalle donne includevano pause variate per durata e regolarità, la fornitura (e la non fornitura) di cibo e modifiche alla durata della giornata lavorativa. Per la maggior parte, le modifiche a queste variabili (compresi i ritorni allo stato originario) furono accompagnate da un aumento della produttività. I ricercatori conclusero come la consapevolezza delle donne di essere monitorate, così come lo spirito di squadra, generato dall’ambiente circostante, avesse migliorato la loro produttività.

I risultati degli studi di Elton Mayo confermarono così i risultati iniziali dell’esperimento di illuminazione. Per cui, indipendentemente dalle condizioni, che ci fossero più o meno periodi di riposo, giornate lavorative più o meno lunghe, le donne lavoravano di più e in modo più efficiente.

Successivamente, uno studio correlato venne condotto da W. Lloyd Warner e sempre da Elton Mayo su 14 uomini che assemblavano apparecchiature di commutazione telefonica. Gli uomini vennero collocati in una stanza insieme a un osservatore a tempo pieno che avrebbe registrato tutto ciò che sarebbe accaduto. Durante la durata dell’esperimento i lavoratori venivano pagati in base alla loro produttività individuale. Tuttavia, il risultato sorprendente fu una diminuzione della produttività. I ricercatori scoprirono che gli uomini avevano il sospetto che un aumento della produttività avrebbe portato l’azienda ad abbassare il tasso di base o trovare motivi per licenziare alcuni dei lavoratori.

Ulteriori osservazioni svelarono l’esistenza di cricche più piccole all’interno del gruppo principale. Inoltre, queste cricche sembravano avere le proprie regole di condotta e mezzi distinti per farle rispettare. I risultati dello studio sembravano indicare come i lavoratori fossero probabilmente più influenzati dalla forza sociale dei loro gruppi di coetanei che dagli ipotetici incentivi dei loro superiori.

Questo risultato fu interpretato, non necessariamente come una sfida ai risultati precedenti, ma come una spiegazione dell’effetto sociale potenzialmente più forte dei gruppi di pari.

Sebbene alcuni studi aggiuntivi non siano riusciti a trovare prove evidenti dell’effetto Hawthorne, da una revisione sistematica del 2014 pubblicata sul Journal of Clinical Epidemiology è emerso che esistono effetti di partecipazione alla ricerca. Una revisione sistematica che studia l’impatto dell’effetto Hawthorne ha identificato 19 studi che valutano il comportamento dei partecipanti consapevoli di essere oggetto di studio. Questi 19 studi hanno mostrato un’ampia gamma di variazioni nell’effetto Hawthorne proposto dove non è stato possibile calcolare un riepilogo dell’impatto complessivo dell’effetto Hawthorne. Dopo aver esaminato i risultati di questi 19 diversi studi, i ricercatori hanno concluso che questi effetti si verificano chiaramente, anche se sarebbe necessario svolgere ulteriori ricerche per determinare come funzionino, l’impatto che hanno e perché si verifichino. Tuttavia, gli autori hanno affermato che “la partecipazione alla ricerca può influenzare e influenza il comportamento, almeno in alcune circostanze”.

Stefano Migliorati

0 comments on “L’EFFETTO HAWTHORNE tra esperimenti e risultati (terza parte)Add yours →

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.