Gli strumenti della suite Neuralya

La piattaforma di marketing Neuralya

Seconda parte dell’intervista a l’Ingegnere della piattaforma di marketing neurale “Neuralya”…
 

Seconda parte dell’intervista a Gianmarco Troia, Ingegnere della piattaforma di marketing neurale “Neuralya”.
Visualizza la prima parte dell’intervista.

Stefano – Da dove nasce il termine Neuralya? Sembra il nome di un pianeta o di un popolo di un romanzo fantascientifico di Isaac Asimov

Marco – Neuralya nasce nell’autunno del 2014 da un’idea che mi è venuta dopo aver provato il brain tracker durante una fiera dell’innovazione a Londra. Veniva applicato alla rilevazione dello stress urbano, ma ho intuito che avesse notevoli potenzialità. Da lì abbiamo iniziato a sperimentare, integrare e collaborare con esperti di neuroscienze. Il nome Neuralya è venuto quasi naturale. Lavoravamo ad una piattaforma di aderenza terapeutica (per la quale selezionavamo dispositivi medici) che abbiamo chiamato Alchimya e, per assonanza, abbiamo dato al progetto interno il nome di Neuralya…. poi ci è piaciuto, perché credo rappresenti bene il livello di innovazione che abbiamo introdotto. Alla fine, la nostra integrazione è stata riconosciuta da Gartner, un advisor a livello mondiale, come una delle tecnologie più “cool” per le ricerche di mercato.

S – Quali sono i risultati ottenuti dai vostri clienti dopo la collaborazione con Neuralya? (non so se è una domanda troppo precoce)

M – Neuralya permette di confrontare media e contenuti in termini di efficacia, oltre a determinare quali porzioni dell’esperienza utente sono state più coinvolgenti. Abbiamo ad es. lavorato all’analisi di un packaging di prodotto. È stato entusiasmante confrontare i nostri risultati con quelli di un focus group e illustrare al cliente le motivazioni dietro alla scelta di una soluzione rispetto ad un’altra. Essere in grado di capire perché un determinato prodotto o packaging non funziona è un know-how fondamentale per lo sviluppo futuro. Stesso discorso con la valutazione dell’efficacia dei banner di un sito web. Capire perché un CTR è basso, cosa attira l’attenzione del soggetto che naviga nel sito, se e quanto è stressato dall’esperienza di navigazione sono informazioni fondamentali per determinare l’efficacia di una campagna di comunicazione o di un sito web tramite il quale si veicolano e promuovono i propri servizi.

S – Quali sono i prossimi obiettivi di Neuralya?

M – Neuralya diventerà una suite di prodotti che verrà declinata sia in laboratorio (quello che noi chiamiamo “ambiente controllato” su un campione selezionato e rappresentativo di personale) che in ambiente live. Il nostro obiettivo è chiudere il cerchio tra la progettazione di un media e la sua diffusione sui canali, osservando nel mondo reale cosa accade. Per questo motivo, stiamo già lavorando su tecnologie che analizzano le espressioni facciali e la gestualità, oltre a cercare partnership strategiche con piattaforme di diffusione di contenuti. Contiamo entro Dicembre di avere importanti novità sia sul fronte di Neuralya Lab (per la quale verrà ampliato il set di indici e lanciato un portale di acquisto on-line di studi) e di Neuralya Live.

S – Se lei potesse, auspicherebbe il ricorso agli strumenti offerti da Neuralya anche in ambiti come ad esempio quello forense, politico, etico o di utilità sociale? Se si, in quali?

M – Questo è veramente difficile da prevedere. Ci sono implicazioni di carattere etico e di riservatezza che vanno considerati in questi ambiti, oltre alla mancanza (talora) di documentazione scientifica. Abbiamo fatto una prima sperimentazione in un museo milanese per iniziare a capire quali sono le dinamiche di attenzione ed emotive di un soggetto che si confronta con un’opera d’arte moderna. Lo studio è piuttosto articolato e stiamo ancora analizzando i risultati, ma sono ambiti in cui vanno ancora definiti i punti di riferimento. Notevoli possono essere gli scenari applicativi in ambiti distanti dal marketing, quali ad esempio la valutazione emotiva in ambiti relativi alla politica o al consenso popolare (si pensi ai dibattiti attorno alle opere di pubblica utilità), oltre che alla relazione che intercorre tra il nostro “io” sociale, pubblico e privato (si pensi all’analisi dei comportamenti e delle implicazioni emotive quando interagiamo all’interno di un social network rispetto alle interazioni nel mondo reale). In realtà, la tecnologia corre veloce e non possiamo che immaginare quali saranno i dispositivi del futuro e quali potranno essere le applicazioni. Quello che riesce a fare ad es. nel campo della visione e del riconoscimento facciale la tecnologia RealSense di Intel era impensabile solo tre anni fa… eppure oggi ci sono robot come Pepper che possono leggere il nostro stato d’animo e interagire di conseguenza. Forse tra non molto l’interazione con la tecnologia includerà la sfera emotiva così tanto da ridurre drasticamente il confine tra uomo e macchina.

 

Stefano Migliorati

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