Percezione e Conoscenza (12ª parte) - La metafisica dell’Indeterminazione - 2ª parte

Percezione e Conoscenza (parte 12) – La metafisica dell’Indeterminazione – parte seconda

Nell’articolo precedente è stata introdotta quella particolare visione ontologica che è stata definita metafisica dei processi che si…
 

Percezione e Conoscenza (dodicesima parte)

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La metafisica dell’Indeterminazione – parte seconda

Nell’articolo precedente è stata introdotta quella particolare visione ontologica che è stata definita metafisica dei processi che si contrappone ad una opposta che possiamo indicare come identitaria.

Come possiamo intendere, seguendo la visione cirenaica, un mondo nel quale gli oggetti e le persone non hanno una struttura ontologica identitaria, una essenza tale da poterci rapportare alla cosa in sé e per sé, ma solo a un aspetto fenomenico che sussiste, nella nostra percezione, in una determinata unità temporale “monochronos” come semplice aggregati senza una vera e propria unità?

L’indeterminazione concerne qualunque cosa nel mondo (oggetti e persone) che nel contesto di questa visione metafisica sono assunti come un qualcosa di non unitario e temporaneo. Il pensiero cirenaico porta all’estremo la riflessione circa il divenire così tragicamente presente nella filosofia greca a partire da Parmenide ed Eraclito.

Sulla base della metafisica dell’indeterminazione, non ci sono propriamente oggetti nel mondo; esiste un sostrato, indipendente dalla mente (quindi non siamo di fronte a una forma di idealismo) costituito da una massa indifferenziata di materia. Tale sostrato non è costituito da elementi unitari, tali da poterli definire convenzionalmente oggetti, ma da semplici aggregati temporanei di qualità secondarie che in un dato momento, si incontrano, con i nostri organi sensoriali, producendo delle affezioni delle quali possiamo essere epistemologicamente certi. Ciò che percepiamo è quindi il risultato di processo temporaneo.

La contemporanea ricerca scientifica ha chiaramente sottolineato come gli oggetti non sono come appaiono a prima vista. Quando guardiamo un oggetto crediamo che quello che stiamo vedendo sia realmente quel determinato oggetto. Tuttavia, quello che appare a livello fenomenico a cui concediamo la nostra credenza, a livello essenziale è un composto di molecole tenute insieme da un certo equilibrio di forze. Da un punto di vista essenziale, quando guardiamo, ad esempio, un tavolo, non è propriamente un tavolo, ma qualcos’altro. Il nostro modo di considerare gli oggetti è molto più basilare rispetto a quello adottato dalla scienza contemporanea della fisica e della meccanica quantistica che ricalca quella metafisica dell’indeterminazione che abbiamo imparato a conoscere attraverso la riflessione sul pensiero dei cirenaici.

Heisenberg ha elaborato il Principio di Indeterminazione attraverso il quale viene dimostrato come sia impossibile determinare contemporaneamente e con precisione arbitraria la posizione e la velocità di un elettrone: significa che, se misuriamo la posizione e la velocità di una particella, le grandezze che otteniamo sono caratterizzate da errori di misura. In altri termini i costituenti ultimi di quello che chiamiamo realtà, sono indeterminati. Non possiamo identificare la natura ontologica e il comportamento delle particelle elementari usando la dicotomia spazio/tempo, ovvero le categorie utilizzate della fisica classica per spiegare la totalità dei fenomeni di ciò che viene concepito come reale.

Intorno al concetto di indeterminazione sembrano convergere la scienza quantistica e le riflessioni del pensiero greco circa la definizione di realtà.

I greci, a partire da Eraclito e Parmenide, pongono a tema del loro pensiero, con una tragicità estrema, le nostre stesse possibilità di rapportarci al mondo esterno che inevitabilmente per nostra costituzione biologa, viene filtrato attraverso gli organi sensoriali. Andando oltre il senso comune che porterebbe a credere che vi sia una perfetta corrispondenza fra mondo percepito e mondo esterno, il pensiero pone domande “abissali” la cui forza è stata lentamente indebolita con il perdersi della domanda ontologica fondamentale, il “che cosa è”? e con essa il peso di alcuni concetti come “fenomeno” che ho provato a analizzare in questi articoli.

Nicola Carboni

 

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