Pratiche di integrazione mente-corpo: la proposta psicosomatica – Parte III - di Alessandro Bigarelli

Pratiche di integrazione mente-corpo: la proposta psicosomatica – Parte 3°

L’evoluzione del Sé passa attraverso tre dimensioni: il sé corporeo, il sé centro delle emozioni e degli affetti, il sé cognitivo. Questi tre ‘cervelli’ trovano la sintesi superiore…
 

Pratiche di integrazione mente-corpo: la proposta psicosomatica – Parte III

Come già a suo tempo aveva fatto Gurdjieff (1977), quando aveva parlato di tre tipologie di esseri umani: uomo fisico, mentale ed emozionale, in Neuropsicosomatica N.F.Montecucco (pdf) afferma che l’evoluzione del Sé passa attraverso tre dimensioni: il sé corporeo in cui predominano le pulsioni istintive e i bisogni primari, il sé centro delle emozioni e degli affetti, base per le relazioni diadiche e sociali, il sé cognitivo, infine, o dell’autobiografia sorretto dalle funzioni cognitive superiori. Questi tre ‘cervelli’ trovano la sintesi superiore nella sfera del Sé Psicosomatico, la coscienza centrale di tutto il sistema PNEI, Psico-Neuro-Endocrino-Immunologia.

Nella Psicosomatica olistica Montecucco (2016) parla più esplicitamente di tre aree psicosomatiche, utilizzate in modo difforme dagli individui:
a) la testa: area mentale-razionale-intuitiva;
b) il torace: area emozionale-affettiva-comunicativa;
c) la pancia: area istintiva-sessuale-fisiologica.
Come nella tradizione teosofica orientale, secondo tale psicosomatica nell’individuo coesistono due polarità emotive che sorreggono la dimensione emozionale affettiva. La prima rappresenta l’energia materna, l’amore, il calore, l’affetto, la tenerezza del contatto fisico, è l’emotività attiva-yang che esprime una neuropersonalità sicura mediata dalla dopamina e dalla vasopressina, l’altra è l’emotività passiva-yin che esprime una neuropersonalità amorevole e accogliente dove è alta la mediazione funzionale dell’ossitocina e della prolattina. Un buon colloquio di counseling deve saper perciò integrare un’attività educativa, per così dire, che sia istintiva, autentica ed emozionalmente affettiva, orientata a bilanciare gli eccessi comportamentali, emozionali e mentali. Attraverso pratiche di visualizzazione e verbalizzazione deve saper far emergere quegli istinti e quelle emozioni inibite nel tempo e che sono fonte di disagio, disturbi e malattie soggettive o relazionali.

Anche in questo caso l’utilizzo di pratiche non-verbali e di tecniche di meditazione può favorire processi di autoconsapevolezza, di gestione delle emozioni, di rinforzo della percezione della propria personalità distorta e distonica, e per conseguenza, “educare” ovvero accompagnare alla consapevolezza globale di sé (facilitazione propriocettiva), in base al principio che ogni individuo è il proprio corpo: io sono il mio corpo.

Nel colloquio di ascolto e aiuto il counselor deve aiutare il cliente a crescere, a cambiare e migliorare le sue relazioni attraverso l’arte del comunicare e ciò è possibile solo se la persona diventa consapevole di se stessa, entrando in armonia con se stessa mediante la comunicazione-sincronizzazione corpo-mente grazie alle tante tecniche di liberazione-espressione emozionale. La comunicazione emozionale (positiva = amore, negativa = odio) è un tipo di comportamento essenzialmente non verbale e si manifesta attraverso suoni e toni originari come riso, pianto, grida di gioia o disperazione, urla di rabbia, lamenti di piacere o disgusto.

Il counselor, in fondo, va a caccia delle quattro grandi parole che definiscono i sentimenti profondi: rabbia, tristezza, paura e felicità.

I sentimenti espressi a livello non verbale, inoltre, sono validi indicatori di problematiche importanti (Greenberg & Angus, 2004). Il counselor deve saper riconoscere e valorizzare l’espressione delle emozioni, e attraverso tecniche di respirazione, liberazione bioenergetica, visualizzazioni condivise secondo modalità gestaltiche, meditazione vipassana e altro, guidare il cliente verso una migliore qualità relazionale, affettiva, familiare, amicale, sociale. Deve saper aiutare la persona in forte disagio a far sì che la sua comunicazione si liberi dalle paure e da altre emozioni represse (rabbia, tristezza, risentimento, sfiducia, disistima) che, in genere, bloccano la crescita armonica della personalità.

Il counselor non è un medico, non è un clinico che prende in cura la persona e la cura; il counselor si prende cura della persona sofferente e la accudisce accompagnandola nel suo viaggio terapeutico durante il processo di elaborazione interiore. Durante il colloquio di aiuto, allora, deve emergere l’espressione-comunicazione-emozionale e dialogica, fatta di fiducia reciproca, autostima, cooperazione-condivisione, empatia che si basa, tra le altre cose, sull’autoconsapevolezza: quanto più un individuo è aperto verso le proprie emozioni, tanto più diventerà capace e abile nel leggere i sentimenti altrui [Si fa presente che il centro dell’elaborazione delle emozioni negative è situato nell’emisfero destro del cervello mentre il sinistro, oltre ad essere preposto al linguaggio – da qui la difficoltà a far coincidere esperienza e comunicazione di eventi e sentimenti negativi – è il centro delle sensazioni positive].

Come afferma Dan Siegel (2014) il cliente deve ‘sentirsi sentito’, solo così potrà ritrovare e avvalersi delle proprie risorse interiori, potrà sviluppare la forza di autoregolazione, potrà essere focalizzato e positivamente riflessivo.

Lo stesso lo si ritrova nelle parole del maestro buddista vietnamita Thich Nath Hanh (2005) là dove scrive:

Quando ascoltiamo una persona in modo profondo le diamo lo spazio per esprimere cosa ha nel cuore […] Ascoltando profondamente potremo anche renderci conto delle percezioni erronee che sono presenti in ciò che dice e una volta che le avremo identificate potremo aiutare questa persona a trasformarle e a rimuoverle. Questo è possibile se usiamo un linguaggio della gentilezza amorevole [nda: metta] e non quello dell’attacco e della critica”.

Alessandro Bigarelli

 

BIBLIOGRAFIA

    • Greenberg, L.S., Angus, L.E. (2008). The contribution of Emotion processes to narrative chance in psychotherapy: A dialectical constructivist approach. In L.E. Angus & J. McLeod (eds.), The handbook of narrative and psychotherapy, Thousand oaks, CA: Saga, pp. 331-364.
    •  Gurdjieff, G. (1977). Incontro con uomini straordinari. Milano: Ottava.
    •  Montecucco. N.F. (2016). Psicosomatica olistica. La salute psicofisica come via di crescita personale. Dai blocchi psicosomatici all’unità dell’essere. Roma: Edizioni Mediterranee (III ed.) – ww.psicosomaticapnei.com/pdf/2017/Neuropsicosomatica1.
    •  Siegel, D. (2014). Il terapeuta consapevole. Sassari: ISC.
    •  Thich Nath Hanh (2005). Un ascolto profondo. Roma: Ubaldini.

0 comments on “Pratiche di integrazione mente-corpo: la proposta psicosomatica – Parte 3°Add yours →

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.