Il problema del terzo uomo: regressus in infinitum e il paradosso della ragione (terza parte)
Vedi le altre parti dell’articolo di Nicola Carboni “Il problema del terzo uomo: regressus in infinitum e il paradosso della ragione”
Il problema della partecipazione
Uno dei problemi più spinosi del sistema platonico concerne il rapporto fra le Idee e i particolari che delle Idee partecipano; un problema di cui Platone era ben consapevole e del quale, a onor del vero, nei suoi scritti, non fornisce una soluzione definitiva.
I termini attraverso i quali definisce tale rapporto sono παρουσια (parousia), presenza; μιμησις (mimesis) imitazione; μετεξις (metessi), partecipazione o condivisione.
Il rapporto partecipativo non viene indicato come un semplice ἒχειν, un avere inteso come un generico possedere da parte di un ente x una data proprietà p, ma una μετά-ἒχειν, una condivisione di qualcosa senza che questo sia necessariamente qualcosa di fisico.
Una interpretazione in chiave fisicistico-mereologico porterebbe infatti a contraddizioni insolubili in ottica eidetica. Se considerassimo l’Idea in modo fisicamente oggettualizzante, il rapporto partecipativo potrebbe esplicitarsi attraverso due modalità: o il particolare partecipa di tutta quanta l’Idea, oppure di una parte di essa.
Nel primo caso la Forma sarebbe presente nella sua interezza e contemporaneamente nei vari particolari risultando, di fatto, separata da sé; nel secondo sarebbe suddivisa nei vari particolari che di essa partecipano, perdendo la sua unità.
Che non si debba considerare la partecipazione come una condivisione fisica di parti è lo stesso Platone ad ammonire nelle pagine del Parmenide. Pur restando unica, l’Idea è presente contemporaneamente in tutte le cose, come il giorno che
«restando unico e identico, è contemporaneamente in molti luoghi, senza essere separato da sé» [Parm. 131b3-6].
La metafora del “giorno”, la presenza temporale (non spaziale) nei particolari, implica una ineludibile alterità di tipo ontologico fra Idee e partecipanti. Qualsiasi interpretazione fisicizzante di tale alterità, secondo Platone, avrebbe delle conseguenze distruttive: porre in dubbio la natura di αύτό καθ’ αύτό, dell’in sé e per sé delle Idee, significa minare la possibilità di una fondazione certa del sapere.
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