Arancia Meccanica

Arancia Meccanica e il problema del male nella natura umana

Quale è il valore di una adesione “esteriore” a modelli di comportamento se non vi è una volontarietà del comportamento stesso? Inizia con una notte di “ultraviolenza” il capolavoro di…
 

Arancia Meccanica e il problema del male nella natura umana


La scelta – tuonò una ciangotta [voce] profonda.
Locchiai [Guardai] che apparteneva al salmiere [cappellano] della prigione –  In realtà lui non ha scelta vero?
[…] Cessa di essere un malfattore, ma cessa anche di essere una creatura capace di scelta morale

Anthony Burgess – Arancia Meccanica –

Eccomi là. Cioè Alex e i miei tre drughi. Cioè Pete, Georgie e Dim. Eravamo seduti nel Korova Milkbar arrovellandoci il gulliver per sapere cosa fare della serata. Il Korova Milkbar vende Latte+, cioè diciamo latte rinforzato con qualche droguccia mescalina, che è quel stavamo bevendo. É roba che ti fa robusto e disposto all’esercizio dell’amata ultraviolenza – Nella Londra di un imprecisato futuro distopico, Alexander “Alex” De Large, capo della baby gang dei Drughi, si prepara per una notte di “ultraviolenza”. Così inizia il capolavoro di Stanley Kubrik, tratto dal romanzo di Anthony Burgess, A Clockwork Orange, Arancia Meccanica. “Sballato come un’arancia a orologeria” come racconta Burgess stesso fu un’espressione sentita per caso in un pub londinese che alludeva a un’anomalia così estrema da sovvertire la natura. Un tratto surreale permea infatti la trama del romanzo e la scenografia del film che si manifesta attraverso un linguaggio tanto strano quanto affascinante. Il cervello diventa il “gulliver, l’amico diventa “drugo”, la ragazza “devochka”, il “su e giù” il sesso.

Il protagonista di Arancia Meccanica

Il protagonista, Alex (l’A-lex, senza legge od oltre la legge) è un esteta del male. Intelligente, sofisticato, amante della musica classica in particolare della Nona di “Ludovico Van” Beethoven, sceglie in maniera deliberata il male ponendo però le sue azioni in una dimensione che possiamo definire niezschianamente “al di là del bene e del male” come pura espressione del Sé. Alex ruba, picchia, uccide (motivo per il quale sarà catturato e incarcerato) eppure durante la visione del film non viene completamente odiato. Ha quel fascino del male, così caro agli scrittori romantici del 1800 come Lord Byron, Shelley, Edgar Allan Poe, che provoca attrazione. Kubrik ha messo in scena una antica tragedia greca e la sua funzione catartica. La visione delle scene di violenza, come scrive Aristotele nella Politica, ha l’effetto di “purificare”, sollevare e rasserenare lo spettatore dalle pulsioni vivendole in maniera differita per potersene liberare.

Secondo Kubrik c’è qualcosa di profondamente malato nell’essere umano, una violenza, una tendenza al male ineliminabile e radicale come lo definì Kant ne “La religione nei limiti della ragione” opponendosi al concetto di J. J Rousseau della bontà innata nella natura umana. Il bastone di cui Alex fa uso per dare inizio ai pestaggi ricorda idealmente il bastone della scimmia di 2001 Odissea nello spazio, l’atto violento primordiale che dà avvio al potere e alla società. Antropologicamente, come ben sottolineato da Renè Girard ne La violenza e il sacro, il legame fra violenza (capro espiatorio, sacrificio) e ciò che appartiene al sacro e al religioso, è molto stretto. Scrive Nietzsche ne la “Genealogia della morale” «Veder soffrire fa bene – è questa una dura sentenza, eppure un’antica, possente, umana – troppo umana – sentenza fondamentale, che del resto forse anche le scimmie già sottoscriverebbero […] Senza crudeltà non v’è festa: così insegna la più antica, la più lunga storia dell’uomo»[1].

Alex è tutto questo.

È come se fosse un personaggio senza tempo che incarna uno spirito arcaico e quasi animalesco che compie atti malvagi che non rimandano ad altra giustificazione se non al loro stesso prodursi. È puro istinto – e a un tratto capii che il pensare è per gli stupidi, mentre i cervelluti si affidano all’ispirazione – un “malcico” che fa del suo essere “cattivo” il suo tratto distintivo – Questo mordersi le unghie dei piedi su quale è la causa della cattiveria mi fa solo venir voglia di gufare. Non si chiedono mica quale è la causa della bontà, e allora perché il contrario?

Viene catturato e imprigionato. Dopo due anni di carcere viene sottoposto alla rivoluziaria “cura Ludovico” con la quale, attraverso il condizionamento di tipo comportamentista, viene riprogrammato in maniera tale da non compiere atti violenti. Ogni volta infatti che pensa di fare del male, viene fermato da un violentissimo attacco di nausea. Come direbbe Nietzsche la “bestia da preda” viene ammaestrata in perfetto “animale domestico”. È presente una fortissima critica contro la psicologia behaviorista in particolare di Skinner e il suo progetto, descritto nel romanzo “Walten Two”, della creazione di una società perfetta fondata sulle procedure del condizionamento operante per poter raddrizzare il kantiano “legno storto dell’umanità” creando una comunità di “buoni”.

Quanto può essere penetrante il condizionamento? E quanto questo cozza con il concetto di libertà? Quale è lo spazio per la libertà umana non solo intesa come “libertà negativa”, un essere-libero-da, ma anche come “libertà positiva”, un essere-libero-per?

La libertà è il terreno nel quale lo psichico si incontra con il “biologico” e il “politico”. Alcune forme di determinatezza nascono con la stessa storicità dell’uomo in quanto essere biologico (struttura del genoma del Dna) e sociale (appartenere a una determinata cultura in un dato periodo storico in un dato spazio geografico).

In quanto impossibilitato a esercitare la volontà, Alex perde anche la sua libertà.

Quale è il valore di una adesione “esteriore” a modelli di comportamento se non vi è una volontarietà del comportamento stesso? Alex, dopo la cura, agisce da buono (e diventando buono diventa “vittima” delle sue vittime); non può fare diversamente, perché condizionato, programmato, impossibilitato a comportarsi da malvagio. La soluzione socratico-platonica definita “razionalismo morale”(conoscere cosa sia il bene è condizione sufficiente per avere un comportamento buono), agli occhi dell’uomo contemporaneo, non può non essere giustamente tacciata di ingenuità. È la volontà, la possibilità di una scelta che fa si che una azione possa essere buona o malvagia. Posta la possibilità (alquanto impossibile) di definire il concetto di Bene e di Male, in maniera univoca e oggettiva e, andando oltre le implicazioni di tipo teologico e religioso, le difficoltà connesse al legame fra condizionamento, volontà e libertà sono sintetizzate dalle parole del cappellano della prigione che avvisa Alex sui rischi della “cura Ludovico”

Essere buoni può non essere affatto bello, piccolo 665521 (il nome da carcerato di Alex). Essere buoni può essere orribile […] Che cos’è che Dio vuole? Dio vuole il bene o la scelta del bene? Un uomo che sceglie il male è forse in qualche modo migliore di un uomo cui è stato imposto il bene?

[1]F. Nietzsche, La Genealogia della morale dalle “Opere di Friedrich Nietzsche, vol. VI, Tomo II, edizione italiana diretta da Giorgio Colli e Mazzino Montinari, Adelphi, Milano, 2000, p. 55

Nicola Carboni

In cover: Malcolm McDowell nella parte di Alex DeLarge in un frame tratto dal trailer del film di Stanley Kubrick’s del 1971 “A Clockwork Orange” (“Arancia Meccanica” in italiano). L’immagine è stata adattata, l’originale si trova qui: commons.wikimedia.org

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