Pratiche di integrazione mente-corpo: il corpo delle emozioni – Parte IV

Pratiche di integrazione mente-corpo: il corpo delle emozioni – Parte 4°

Il saper controllare e autoregolare le proprie emozioni dolorose è una delle chiavi per il benessere psicofisico.
Si tratta di coltivare e mettere in pratica tecniche creative, di condividere sentimenti ed…
 

Pratiche di integrazione mente-corpo: il corpo delle emozioni – Parte IV

Il saper controllare e autoregolare le proprie emozioni dolorose è una delle chiavi per il benessere psicofisico. Si tratta di coltivare e mettere in pratica tecniche creative, di condividere sentimenti ed emozioni attraverso la libera e spontanea verbalizzazione di quanto visualizzato, di esercitare il contatto psicofisico, tutte tecniche, e altre ancora ce ne sarebbero, in cui l’emozione diventa il collante che aggrega counselor e cliente, con lo scopo di sentirsi coinvolti e partecipi all’evento in modo autenticamente emozionale.

Qualunque sia la tecnica adottata, il counselor deve essere ben consapevole che nel cliente in difficoltà e disagio è troppo forte l’iperattività della mente che viene a mediare percezioni ed emozioni, razionalizzando e valutando in modo esagerato il vissuto. In questo modo nel cliente appare frantumata e sofferente la coscienza di Sé come se cuore e corpo fossero inibiti. Un cuore inibito negativizza ogni emozione; un corpo inibito separa l’essere profondo da se stesso, facendogli vivere il corpo come macchina materiale, distogliendolo e anestetizzandolo da ogni piacere interiore, dal senso profondo della vita: le persone perdono la spontaneità, la giocosità, la curiosità creativa; l’intelligenza emotiva è controllata, grigia, rigida, senza slancio alcuno.

Se la relazione e il contratto tra counselor e cliente sono autentici, dal narrato-vissuto emergono emozioni legate quasi sempre ai bisogni primari: sensazioni fisiche, paura di dover sopravvivere per la perdita di prestigio economico e sociale, senso istintivo di fuggire, paura della violenza psicofisica, dell’abbandono fisico e affettivo. Durante i picchi emozionali, così come sperimentato da Maslow nelle peak experiences, si liberano di solito anche le paure psicologiche di livello superiore: conflitti parentali, blocchi emotivi, forte disagio esistenziale e sociale.

Il tutto può avvenire a mezzo improvvise manifestazioni di grida, urla, strilli, non di rado primitivi, infantili, atavici. Non si dimentichi mai che nelle culture occidentali e mesopotamiche, impregnate di religione monoteista, le emozioni primarie (primo livello di chakra) sono direttamente collegate alla paura della colpa, nodo centrale in Rollo May, della sopravvivenza, alla mancanza di volontà di vivere. Per molti neuroscienziati, in primo luogo per coloro che si occupano di emozioni, l’antagonista principe al senso di colpa è il diritto all’errore.

D’altra parte, sembra che la paura sia la matrice atavica e ancestrale del cervello rettile (sentirsi aggrediti e conseguente istinto di fuga). Ancora oggi la convivenza sociale poggia sull’istintiva paura del dolore, della punizione e del giudizio altrui.  Ogni volta che l’individuo reprime le sue emozioni crea un blocco psicofisico, un blocco psico-energetico. I blocchi della paura sottendono e rimuovono emozioni un tempo inibite come rabbia, dolore, odio. Blocchi e inibizioni vanno assolutamente sciolti agendo sui canali psicofisici e bioenergetici. Danzare, correre, camminare consapevoli dell’ambiente, sentirsi radicati a terra (grounding meditativo), protetti e sostenuti, oppure semplicemente battendo i piedi per terra: esprimendo le emozioni represse si lascia uscire la paura, la si sblocca, almeno in parte.

Il professionista dell’ascolto ha spesso di fronte una persona che chiede aiuto ma è ancora parzialmente incapace a richiederlo e ad accoglierlo, non di rado perciò deve spingerlo al pianto che è la forma espressiva liberatoria e sbloccante per eccellenza. Come si può ben capire, si sta parlando di manifestazioni psicofisiche che lasciano fluire l’energia legata agli istinti primari, alle emozioni vitali.

Questa dimensione accomuna di molto gli esercizi psicosomatici con gli esercizi meditativi: percepire il corpo nel qui e adesso, sentire e vivere le sensazioni della pelle e degli organi interiori. Solo uscendo, distaccandosi dalla testa ci si riappropria dell’energia psicofisica, e si percepiscono le emozioni positive e negative per quello che sono, accogliendole e accettandole per quello che sono.

Entra in gioco in modo prepotente la forza assertiva della respirazione, di naso o di diaframma, coi polmoni o col bacino, respirazione che da sola è in grado di percepire e redistribuire armonicamente l’energia in tutto il corpo. Riaprendo le proprie energie vitali, fisiche e interiori, la persona ritrova, bilancia e rafforza il proprio Sé (empowerment), utilizzando al meglio quelle risorse che le daranno il coraggio di essere se stessa.

Alessandro Bigarelli

 

BIBLIOGRAFIA

    • May, R. (a cura di), 1970). Psicologia esistenziale. Roma: Astrolabio-Ubaldini (1961); (1991). L’arte del counseling. Roma: Astrolabio (1939).
    • Maslow, A.H. (1971). Verso una psicologia dell’essere. Roma: Astrolabio-Ubaldini (1968).

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